“…il pubblico ne era soggiogato. Ma da che cosa, dopo tutto? Soltanto da un paio di bambole di legno con le articolazioni snodabili, fantasticamente rivestite da un’armatura di latta e fatte muovere su un palcoscenico in miniatura.
Però c’era qualcosa di più; c’era la voce del lettore, la voce di lui che parla.
Nella prima parte della serata ci aveva dato una buona declamazione, che era quanto si pretendeva da lui. Con l’incontro tra le due principesse ebbe la sua grande occasione; attaccò la scena e la svolse in tono di grande persuasività e, con la voce rotta dall’emozione, ottenne un trionfo.
L’arte è ricca di miracoli, e non è dei minori che un uomo possa prendere pochi, annacquati luoghi comuni e trasformarli, con la magia della sua voce, nel vino d’oro del racconto cavalleresco. Il pubblico beveva avidamente le fulgide gocce che stillavano dalle sue labbra, immobile in un silenzio rotto soltanto da un gran singulto al calare del sipario. Che cosa importava loro di bambole di legno snodate o di palcoscenici in miniatura? Non erano più a teatro. Avevano vagato per i boschi con Marfisa, avevano cercato Bradamante nelle radure ombrose, l’avevano trovata morente nella grotta, ne avevano raccolto l’ultimo respiro, e il mondo per loro non sarebbe più stato lo stesso. Una voce capace di tanto è rara e, come la forza di un gigante, ancora più raro è che si trovi in possesso di uno che la sappia usare degnamente.
da Un inglese all’opera dei pupi di Henry Festing Jones