Non so quanto io abbia il diritto di esultare per la liberazione di Kobane, dato che apprendo la notizia comodamente seduta sul divano di casa mia, eppure non voglio autoprivarmi della gioia che questa notizia porta con sé.
Kobane è diventata un simbolo di lotta per la libertà, forse perché a lottare contro il califfato delle tenebre è stata una minoranza etnica, forse perché le donne hanno avuto in questa battaglia un ruolo fondamentale, forse perché il web ci ha permesso di vivere la riconquista metro dopo metro.
La Siria è il fronte di tante guerre, un territorio sacrificato sull’altare di troppi idoli. L’unico paese, fra quelli coinvolti nelle primavere arabe, ad avere più di centomila morti e quasi tre milioni di profughi. Ma tante vittime non hanno ancora saziato la fame delle ragioni politico-economiche che tengono vergognosamente in piedi il regime di Bashar al-Assad. Il fallimento della politica estera internazionale ha generato il mostro Isis, contro il quale impieghiamo oggi tante forze e risorse. Piangiamo, giustamente, gli uccisi in terra d’occidente e sentiamo sul collo il fiato della minaccia jihadista.
Gli incubi dei nostri adolescenti sono popolati da bandiere nere lanciate alla conquista delle nostre sicurezze e le parole di conforto che rivolgiamo loro non rassicurano nessuno, neppure noi stessi: “Prof., non può capire quanto sto male per queste notizie di morte e di guerra! Sono delusa, ma non so bene da cosa. E’ che non mi sento protetta, non sono sicura di poter contare sullo Stato e sono, sopratutto, confusa. Sta succedendo qualcosa che è più grande di noi, qualcosa di grave, eppure mi pare che nessuno faccia nulla di veramente efficace per difendere la gente”.
Nei ragazzi sensazione e istinto sono ancora strumenti funzionanti, suonano, non stonano. Sono alleati preziosi nel faticoso tentativo d’interpretare la realtà. Con le loro feste per i diciotto anni tutte da organizzare, pieni di entusiasmo, paure e speranze, compiono il difficile passaggio che li condurrà fuori dalle mura. Adesso si rendono conto, si avvicina il tempo in cui ciò che si crede vero e giusto bisogna farlo, per averlo, non basta desiderarlo. Mi auguro che, un giorno, si ricorderanno delle ore passate a scuola studiando l’intricata vicenda siriana, le religioni e la storia dolorosa di una piccola città al confine con la Turchia, data per spacciata ma tornata alla libertà: “L’arco dei forti s’è spezzato, ma i deboli sono rivestiti di vigore”, canta così, nella Bibbia, una donna umiliata dai potenti e difesa da Dio (1Sam 1,49). Quel giorno, forse, potrò sentire di appartenere anch’io al vento che muove a festa le bandiere a colori sulle colline di Kobane.